martedì 22 febbraio 2011

L'Italia se desta, sipparte la festa!

Insomma ieri sono andato a trovare Mario Rossi, quell'amico mio, all’ospedale. Mi diceva che conoscendo la nostra classe politica, gli sembra ipocrita o perlomeno ingenuo da parte di Benigni chiacchierare di qualcosa che è successo 150 anni fa come se fosse attuale, e considerare quello che sta succedendo adesso come una barzelletta, qualcosa su cui fare della satira soft. Che non esiste, mi ha detto dando un cazzotto sul muro della stanza. Era tutto nervoso, pure per quello che gli era capitato, credo. Ha detto che come dice Dario Fo che se ne intende, la satira deve essere dura sennò non è satira ma è sfottò, e spesso aiuta i politici che chiama in causa, perché risultano alla fine e tutto sommato simpatici. Forse Benigni è in buona fede, ma il suo intervento è sicuramente strumentale, probabilmente è stato messo li con quel suo monologo patriottico, proprio per giustificare in parte tutto quello che succede. Come dire, vabbè, adesso stiamo uno schifo ma guardate che siamo un popolo nobile! Guardate che storia che ci ritroviamo, mica pizza e fichi! Che ne so, mica è scemo, Mario.
Benigni spiegava parola per parola l’inno di Mameli, scritto nel 1847, quando aveva un senso visto che veniva cantato nelle cinque giornate di Milano come incitamento per le masse a scacciare gli austriaci oppressori. Fino al 1861 poteva ancora andar bene perché era un periodo in cui serviva riconoscersi in un unico stato. Ora, benché abbia meno senso, va bene anche ricordarlo perché è un inno, che pare sia necessario per considerarsi “uniti”. Ma visto che il Benigno ha cantato con tanta passione il suo patriottismo, e per evitare che il tutto finisca nella solita strumentalizzazione, poteva anche sparare sul tiranno odierno mirando un po’ meglio. E’ facile sparare su invasori morti un secolo e mezzo fa, meno facile è prendere di mira gli oppressori che potrebbero rispondere. Tipo Berlusconi, tanto per citarne uno. Il passato sarà pure importante, ma il presente? Mario dice che è più importante l’attualità che non il passato, per quanto eroico. Io un po' gli do ragione.
Ieri, ad esempio, Mario stava andando in motorino per le strade di Roma, ha visto che a cinque metri da lui c’era una buca, ha dato una botta al manubrio e l’ha schivata! Davvero, dei riflessi allucinanti! "Evvai!" ha gioito strombazzando. Era così felice che strombazzando strombazzando, ha composto una canzone all’istante che ha chiamato “L’inno della buca schivata”, che m'ha cantato ieri. Stamattina era distratto dal cellulare che squillava, non ha visto un'altra buca e si è scartavetrato sull’asfalto. Ero io che gli telefonavo, volevo congratularmi con lui per aver schivato la buca di ieri, e volevo cantargli il suo inno. Assurdo! Insomma, appena ho saputo del botto, l'ho chiamato all'ospedale. Per sollevargli il morale volevo cantargli “L’inno della buca schivata”, ma all’improvviso mi si è strozzato in gola. Che so, non mi è sembrato il caso. Per dire no... ho pensato che anche se ieri è stato un gran giorno, non era caso di ricordarglielo vista la sua situazione attuale. S'è rotto una gamba e la testa, che vuoi che gli canto! Quello mi mena e c'ha pure ragione! Gli ho augurato invece una pronta guarigione. Semmai festeggiamo quando esce, così gli canto anche “l’inno della pronta guarigione” una canzone che ci è venuta in mente mentre stavo li da lui. Mo ci lavoriamo.
Insomma, tornando a Benigni, Mario mi spiegava su cosa faceva presa il comico toscano. Diceva tipo: vi ricordate Mameli? Vi ricordate quanto facevano paura le legioni romane? Il mondo ci temeva! Mica scherzavamo! Oh!
Tutte belle cose, dice lui, che spesso fanno leva su noi italiani medi, sempre addormentati e impigriti, ma pronti a risvegliarci quando ci ricordano i nostri allori domestici. O quando c’è festa in paese. 
Dico io, Mario dica quello che vuole, ma secondo me la festa può essere anche giusta, dipende da cosa se magna e da quanto se beve. Sono uscito dall’ospedale, e poi niente, poi sono venuto qui alla festa del centocinquantennario.
E' pronto?

Questo è Mario quando abbiamo iniziato a scrivere "L'inno della pronta guarigione". Gli ho fatto una foto col cellulare.



giovedì 17 febbraio 2011

Ascoltando Vendola

Durante i giorni feriali, Mario Rossi credeva davvero alla buona fede di Niki Vendola, nonostante fosse apparso questo http://www.youtube.com/watch?v=AU0v_lt7MbA sul blog di Beppe Grillo. Ma la domenica, mentre passeggiava per le strade serene, si chiedeva se era il caso di appoggiarsi allo scoglio Niki solo perché stava vivendo un’epoca tempestosa.  In quei momenti aveva le energie per pensare all’immediato futuro, e gli compariva in testa l’immagine di una ventola, a causa della somiglianza con Vendola, che girava e girava. La tempesta stava per finire, si diceva Mario, come stava per finire l’enorme scodella di merda che aveva mangiato in tutti quegli anni. E ora l’immagine di quella ventola, che gli compariva in trasparenza davanti agli occhi. Era nitida, così nitida a volte, che doveva sedersi perché non vedeva più il marciapiede. Si alzava solo quando la visione finiva. Una nuova gigantesca scodella di nuovo colma si svuotava sulla ventola per poi venire sparata addosso a lui, soffocandolo. Poi dei tergicristalli pulivano la visuale e lui poteva continuare la sua passeggiata.
Ma mica è sempre domenica, oggi è giovedi e Mario è fiducioso. La scodella sta per finire, pensa, poi il riposo. Oggi il problema non è che non si fida di Vendola, ma è che non capisce un cazzo di quello che dice. Lo stesso Vendola ammette un calo culturale in Italia, che Mario traduce nella necessità di un linguaggio semplice. Dopo così tanti anni di ingozzamento, vuole che Vendola, la sua ancora di salvezza, gli parli come a un bambino, perché vuole capire quello che dice. Mentre ascolta, strizza gli occhi per concentrarsi. Gli interessa davvero quello che dice, perché si domanda quali profondi concetti rendano indispensabile un linguaggio così complesso. Di questi tempi, poi. Alla fine del discorso, distrutto dalla fatica, si stropiccia gli occhi e pensa: «ma PERCHE’ non l’ha detto in quest’altro modo? Con queste 2 parole? A chi vuole far arrivare il suo messaggio? A me o a Leopardi?» Si massaggia le palpebre, cercando di non pensare a niente, e dopo aver riposato gli occhi in silenzio, ecco di nuovo la ventola, che minaccia di compiere il suo sgradito compito.

Mario mentre ascolta Niki Vendola

venerdì 4 febbraio 2011

E' prontooo!!!

La televisione ci ha cotto lentamente il cervello.
Adesso è ancora in caldo e mi chiedo quando potremo tirarlo fuori dallo schermo e metterlo a raffreddare sul davanzale. Dal 30 settembre 1980, data di lancio di Canale 5, è passato un bel po’ di tempo, e la nostra massima espressione culturale è passata da Fellini a Veronesi, da Totò a Checco Zalone, da De andrè a “Amici”. Inoltre alcuni personaggi si fingono in movimento, quando ormai sono ammuffiti in una specie di fermo immagine. Gigi Proietti era un comico promettente negli anni ’70, adesso continua a imitarsi stancamente, riscuotendo applausi e consensi da tutti noi, accontentati. Luca de Filippo, nato senza idee, continua ad imitare il padre che marcisce suo malgrado nei teatri di tutta Italia, togliendo spazio ad artisti con mille nuove storie da raccontare. La storia politica degli ultimi 30 anni si è fusa nella televisione privata, sciolta ormai con quella pubblica. 
Nel link qui sotto, per fortuna Travaglio ci racconta cosa è realmente è successo. E' una versione dei fatti un po’ diversa da “Sono il miglior presidente degli ultimi 150 anni”